IL SANTO DEL GIORNO

Immacolata Concezione
della Beata Vergine Maria

L’8 dicembre la Chiesa universale è in festa perché celebra la solennità più popolare e più antica in onore della Vergine Maria, venerata da tutti come l’Immacolata Concezione.
Il motivo di tanta gioia: è una verità meno storica che teologica.
La sua spiegazione è più teologica che biblica, perché legata alla predestinazione del Cristo, suo figlio venturo. Il riferimento biblico è più indiretto che diretto, pertanto, anche la sua storia è particolare. La si può dividere in tre periodi: nel primo è intuita con fede e devozione in Oriente (VI-IX sec.); nel secondo è spiegata teologicamente in Occidente (XI-XIV sec.); e nel terzo è maturata e definita da papa Pio IX, che coronava così un lungo cammino di fede devozione e scienza con la bolla Ineffabilis Deus dell’8 dicembre 1854.
La ragione teologica è stata proposta e consegnata alla storia dal francescano Giovanni Duns Scoto all’inizio del 1307, quando, alla Sorbona di Parigi, difese il privilegio mariano facendolo scaturire strettamente dal Primato assoluto di Cristo, come naturale suo fondamento e come sua massima espressione di bellezza. E l’uomo del terzo millennio, se resta fedele a tale interpretazione cristocentrica, potrà goderlo come erede e fruitore incantato meravigliato e grato di questo Capolavoro di Cristo, come, a sua volta, Cristo è Capolavoro di Dio.
Anche nell’evoluzione storico-teologica del meraviglioso privilegio mariano si possono distinguere tre momenti: preistoria storia e metastoria. Il primo momento rimanda al disegno divino rivelato, specialmente da Paolo (Ef 1, 3-6) e già anticipato nel protovangelo (Gn 2, 18; 3, 15); il secondo momento abbraccia invece tutta l’avventura storico-sacra, che ha, nella pienezza del tempo (Gal 4, 4), il suo inizio, e sul Calvario, il suo completamento (Gv 19, 26-27); il terzo momento, infine, rappresenta, con l’Assunzione, il godimento beato della gloria di Dio nei cieli.

L’idea della massima perfezione di Maria Vergine appartiene tecnicamente al secondo momento storico della continuità esistenziale di Cristo nella sua Chiesa, attraverso i suoi fedeli. La sua definitiva definizione, perciò, ha alle spalle ben XIX secoli di storia! Cronologicamente, le prime affermazioni generali in suo onore appaiono indirettamente in Oriente nel secolo II nel Protovangelo di Giacomo, che parla del parto speciale di Anna: il concepimento e la nascita di Maria. Al di là di ogni considerazione tecnica, il racconto apocrifo contiene anche delle implicite istanze teologiche in ordine alla santità di Maria, ma non in ordine alla “concezione verginale”; anzi quando nel IV sec., si comincia a diffondere per devozione l’espressione “concezione verginale”, si alzano le prime proteste, come quella di Epifanio, che respinge con decisione tale possibilità in Anna.
E pur quando, nel VII sec., si comincia a usare il termine “immacolata” in riferimento alla Vergine Maria, come per es., con papa Onorio I, che scrive al Patriarca Sergio di Costantinopoli: «Cristo, concepito senza peccato dallo Spirito Santo, è pure nato senza peccato dalla santa e immacolata Vergine Madre di Dio»; o con il Sinodo Lateranense del 649, che al canone 3 recita: «Sia condannato chiunque non professi secondo i Santi Padri propriamente e in verità Maria, Madre di Dio, santa e sempre Vergine e Immacolata»; tuttavia il senso del termine “immacolata” resta sempre di carattere più spirituale-mistico che teologico.

In Occidente, la celebrazione liturgica della festa dell’Immacolata Concezione di Maria, all’8 dicembre, è documentabile in Inghilterra nel secolo XI, ma trovò una certa resistenza nei teologi. L’avversione non riguardava certamente la Madonna in sé e per sé, che veniva venerata sempre come la più sublime delle creature in grazia e bellezza, ma la salvaguardia della dottrina universale della Redenzione di Cristo: “tutti peccarono e tutti attendono la gloria di Dio… tutti peccarono in Adamo” (Rm 3, 23; 5, 17).
 Di conseguenza, se Maria fosse stata “concepita immacolata”, non avrebbe avuto bisogno della Redenzione, e così la Redenzione non sarebbe stata più universale, contraddicendo i testi sacri.
Comunque, è bene precisare ancora. La liturgia della festa dell’Immacolata celebrava la “nascita” immacolata di Maria e non il suo “concepimento” immacolato, ossia riguardava più l’aspetto spirituale o di santità, che quello teologico. Come a dire: Maria, concepita come tutte le creature nel peccato originale, sarebbe stata poi purificata dal peccato dalla grazia dello Spirito Santo, e nata santa, come anche Giovanni Battista.
Nonostante tutto, la festa liturgica si diffonde celermente in Occidente, prima in Francia e poi in Italia e così nel resto del continente. All’Università di Parigi, per esempio, gli studenti della Normandia la scelgono come festa patronale o dei normanni; anche i canonici di Lione l’accolsero di buon grado nel 1140, benché ben presto ricevettero un aspro rimprovero da parte dell’abate Bernardo di Chiaravalle, che si meravigliava come mai si siano “trovati dei canonici che vogliono oscurare lo splendore della chiesa di Lione con l’introduzione di una festa che la Chiesa ignora, che la ragione disapprova e che la tradizione non raccomanda” (Epistola 174, n. 1).
Che la Chiesa di Roma non ancora celebrasse la festa della Concezione di Maria è documentato anche da Tommaso d’Aquino: “La Chiesa romana, benché non celebri la Concezione della beata Vergine Maria, tuttavia tollera la consuetudine di quelle chiese che la celebrano” (ST, III, q. 27, a. 2, ad 3). L’Ordine francescano, invece, decide, nel Capitolo generale di Pisa del 1263, di celebrarla in tutte le chiese francescane, senza con questo modificare il valore della stessa festa. Tutti i Teologi dell’Università di Parigi, infatti, erano contrari a tale festa meno per motivi dottrinali che spirituali, tanto da costituire una specie di “roccaforte dei macolisti”. Nell’Università di Oxford, al contrario, alcuni Maestri francescani cominciarono ad aprirsi anche al suo valore teologico, formando le basi per l’ipotesi degli “immacolisti”, pur non avendo ancora trovato delle ragioni apodittiche per affermarla.

Tra la fine del XIII secolo e l’inizio del XIV secolo, nel 1307, la questione dell’Immacolata Concezione di Maria registra alcune novità importanti, dovute al francescano Giovanni Duns Scoto, che la considera non più in sé, ma nel contesto più ampio e specifico del Primato cosmico di Cristo, ossia nella teoria del cristocentrico ontologico, che ha il suo punto di forza nella “predestinazione assoluta” di Cristo-Uomo, da cui fa scaturire come corollario anche la “predestinazione di Maria” nell’unico e medesimo decreto divino.
Con questo fondamento cristocentrico, Duns Scoto, nella specifica questione “Se la beata Vergine Maria sia stata concepita nel peccato originale” (Ordinatio, III, d. 3, q. 1: “Utrum beata Virgo concepta fuerit in peccato originali?”), imposta la sua soluzione intorno a tre argomenti specifici: possibilità in Dio di potere santificare nel primo istante; valore universale del peccato originale e valore universale della redenzione di Cristo; e preservazione dal peccato originale della Madre di Cristo.
La santificazione di Maria, da tutti affermata, precisa Duns Scoto può avvenire in tre modi: “post aliquod tempus in peccato”, nell’“unum istans temporis“ e nel “numquam temporis”. Escludendo le due prime ipotesi, ne accetta la terza, ossia la santità di Maria è fuori dal tempo e da sempre, cioè eterna, che significa: “Dio nel primo istante della creazione di Maria poté darle tanta grazia quanta ne dà a chiunque riceve la circoncisione o il battesimo”. In altre parole: il primo istante storico di Maria coincide con il primo istante della grazia. In questo modo, Duns Scoto si è assicurato la possibilità della “concezione immacolata”.
Circa l’universalità del peccato originale e della redenzione, Duns Scoto approfondisce il concetto della “redenzione universale” di Cristo, da tutti ugualmente affermata, introducendo la specifica novità del valore intensivo. In questo modo si assicura la possibilità di poter estendere il concetto di redenzione a tutti i gradi possibili, da quello estensivo a quello intensivo (o della “preservazione”). Da notare che il Maestro francescano afferma tale possibilità non per i meriti di Maria ex se, ma ex merito alterius, cioè di Cristo.
E infine, nel terzo argomento ancora intorno all’universalità della redenzione di Cristo, Duns Scoto utilizza lo stesso argomento degli avversari e lo ritorce contro di loro dicendo: “Proprio dall’universalità della redenzione di Cristo si argomenta che Maria non ha contratto il peccato originale, perché preservata”. E aggiunge: “E’ un bene maggiore preservare qualcuno dal male, che permettere che egli incorra nel male e poi liberarlo… Allora a Maria Vergine viene conferito un bene maggiore preservandola dalla colpa originale, che riconciliarla dopo averla contratta”. E ancora: “Maria più che mai ha avuto bisogno di Cristo redentore… anzi Maria ebbe massimamente bisogno del Redentore per non contrarre il peccato… E di più, Maria ebbe bisogno di un Mediatore che prevenisse il peccato per non doverlo mai subire o contrarre”. E conclude da onesto e umile saggio: “Quale di queste tre possibilità che ho mostrato si sia verificato in Maria, lo sa solo Dio. Ma se la mia soluzione non contrasta con l’autorità della Chiesa o quella della Scrittura, sembra giusto che si debba attribuire a Maria ciò che è più eccellente”.

Da quanto esposto velocemente, si può notare che la soluzione di Duns Scoto è determinante nella storia del dogma. Difatti, già nel 1307, l’Università di Parigi decreta: “l’8 dicembre, Concezione della Santa Vergine Maria, non si legge in nessuna facoltà”; nel 1325, Giovanni XXII celebra “con insolita pomposità” la liturgia in onore della Vergine Immacolata, nella città di Avignone; Sisto IV negli anni 1480 approva l’“Ufficio e la messa in onore della Concezione Immacolata”, confermandolo solennemente nel 1483. E dopo alterne vicende, anche tragiche, e innumerevoli consultazioni di teologi, vescovi e cardinali, si giunge a identificare i cinque argomenti fondamentali su cui basare il dogma: la convenienza, la Scrittura, la Tradizione, la festa liturgica, il “sensus fidei”. E di fronte a un così plebiscito universale della Chiesa tutta, Pio IX, l’8 dicembre del 1854, con la Bolla Ineffabilis Deus, così definisce: “dichiariamo, affermiamo e definiamo rivelata da Dio la dottrina che sostiene che la beatissima Vergine Maria fu preservata, per particolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, immune da ogni macchia di peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento”.

Nella preparazione del I centenario della proclamazione del dogma dell’Immacolata, Pio XII indice un Anno Mariano (dicembre 1953-dicembre 1954), già preceduto dalla solenne proclamazione, il 1 novembre 1950, del dogma dell’Assunzione della Beata Vergine Maria al cielo in anima e corpo, in cui le due verità mariane vengono messe in strettissima relazione: ”l’Immacolata Madre di Dio sempre vergine Maria – così recita la Costituzione apostolica Munificentissimus Deus – terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo”. E a conclusione delle celebrazioni centenarie, propone con più chiarezza le ragioni indirette presenti nella Scrittura, con l’enciclica Fulgens corona, dell’8 settembre 1953; in cui interpreta come una conferma da parte della Vergine, la sua auto definizione rivelata a Bernardetta: «Io sono l’Immacolata Concezione».
Anche Giovanni Paolo II, nel 150° anniversario della definizione dogmatica dell’Immacolata Concezione di Maria Vergine, l’8 dicembre 2004, nella sua omelia, ha voluto ricordare due cose importanti: la predestinazione di Maria è strettamente legata alla predestinazione di Cristo, che viene espressa “con un solo e medesimo decreto”; e Maria ha beneficiato in modo singolare dell’opera di Cristo quale perfettissimo Mediatore e Redentore che ha redenta in modo specialissimo sua Madre non permettendo al peccato di poterla toccare: difatti è più perfetta la redenzione preventiva di quella post peccato.

IN ASCOLTO DELLA PAROLA


Immacolata Concezione della B.V. Maria

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 1,26-38.
In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l’angelo partì da lei.

ALLA SCUOLA DI MARIA
Figli miei, Io sono stata preservata immune da ogni colpa in vista della redenzione di Cristo, voi, nel battesimo, siete stati mondati da ogni colpa, grazie alla redenzione operata da Cristo.
Fatemi scendere, dunque, dalle nicchie e dai piedistalli dorati dove mi avete posta, forse, per tenermi più lontana da voi; creatura da venerare ma non da imitare, irraggiungibile, buona per un devozionismo sentimentale, ma non per conviverci e per imparare ad amare!
Figli miei, che devozione è la vostra? Se non porta a Cristo, non viene da Dio ma dal demonio! Venite a me e io vi condurrò a Cristo! Se venite a me, imitatemi, osservando la Parola di Dio. Chi osserva la Parola di Dio, sarà fratello, sorella e madre del Signore!

MI CHIEDO
– La mia devozione a Maria mi conduce a Cristo?
– Recito ogni giorno il Santo Rosario?
– Imparo da Maria ad amare Cristo come Lei lo ha amato?

PROPONIMENTO:
1) A Gesù per Maria!
2) Vivere fin da ora, quotidianamente, con Maria!

La Madonna delle Grazie benedica questa Solnnità dell’Immacolata Concezione!

IL SANTO DEL GIORNO


San Barlaam di Antiochia
Contadino e martire

San Barlaam, era un agricoltore originario di un villaggio vicino ad Antiochia, in Siria, che fu arrestato per la sua fede cristiana quando era avanti negli anni. Arrestato e torturato con fruste e chiodi venne portato al cospetto del governatore che rimase sbalordito per la resistenza e la costanza di questo vecchio agricoltore. Per convincerlo in ogni modo a cambiare idea venne trascinato con forza in un tempio pagano e posto davanti al luogo delle offerte con in mano carboni ardenti misti a incenso. Il governatore pensava che li avrebbe gettati giù a causa del dolore, così che quel gesto potesse sembrare una offerta di incenso agli idoli. Ma san Barlaam rimase in piedi immobile fino a quando la sua mano fu completamente bruciata dal carbone; cadde a terra e consegnò la sua anima nelle mani del Signore. Il suo martirio avvenne sotto il regno di Diocleziano (284-305). San Basilio Magno e san Giovanni Crisostomo in suo onore lo ricordano nelle omelie.

IN ASCOLTO DELLA PAROLA


Venerdì della XXXIII settimana delle ferie del Tempo Ordinario

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 20,27-40.
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducei, i quali negano che vi sia la risurrezione, e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se a qualcuno muore un fratello che ha moglie, ma senza figli, suo fratello si prenda la vedova e dia una discendenza al proprio fratello. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette; e morirono tutti senza lasciare figli. Da ultimo anche la donna morì. Questa donna dunque, nella risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». Gesù rispose: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni dell’altro mondo e della risurrezione dai morti, non prendono moglie né marito; e nemmeno possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgono, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando chiama il Signore: Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui». Dissero allora alcuni scribi: «Maestro, hai parlato bene».
E non osavano più fargli alcuna domanda.

ALLA SCUOLA DI MARIA
Figli miei, la vostra dimora non è il mondo, ma il cielo. Pensate dunque alle cose di lassù e non a quelle di quaggiù. Non Sapete che, quando sarà distrutto il vostro corpo, riceverete da Dio una dimora non costruita da mani d’uomo, eterna, nei cieli?
Una vita che non è spesa per il cielo è spesa per la terra; questa passa il cielo rimane! Non siate stolti.
Figli miei, la vita eterna non è il proseguo di quella terrena. Ora vedete come in uno specchio, allora vedrete il Signore faccia a faccia come Egli è!
Non lasciatevi trarre in inganno: la morte non è la fine ma l’inizio della vita! Mettetevi bene in mente questo: Dio è Dio dei vivi non dei morti.

MI CHIEDO
– Vivo per il cielo o per la terra?
– Desidero il paradiso?
– La morte è l’inizio della vita?

PROPONIMENTO:
1) Un solo desiderio: il paradiso!
2) Vivere per la vita e non per la morte!

La Madonna delle Grazie benedica questa giornata!
Venerdì della XXXIII settimana delle ferie del Tempo Ordinario

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 20,27-40.
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducei, i quali negano che vi sia la risurrezione, e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se a qualcuno muore un fratello che ha moglie, ma senza figli, suo fratello si prenda la vedova e dia una discendenza al proprio fratello. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette; e morirono tutti senza lasciare figli. Da ultimo anche la donna morì. Questa donna dunque, nella risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». Gesù rispose: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni dell’altro mondo e della risurrezione dai morti, non prendono moglie né marito; e nemmeno possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgono, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando chiama il Signore: Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui». Dissero allora alcuni scribi: «Maestro, hai parlato bene».
E non osavano più fargli alcuna domanda.

ALLA SCUOLA DI MARIA
Figli miei, la vostra dimora non è il mondo, ma il cielo. Pensate dunque alle cose di lassù e non a quelle di quaggiù. Non Sapete che, quando sarà distrutto il vostro corpo, riceverete da Dio una dimora non costruita da mani d’uomo, eterna, nei cieli?
Una vita che non è spesa per il cielo è spesa per la terra; questa passa il cielo rimane! Non siate stolti.
Figli miei, la vita eterna non è il proseguo di quella terrena. Ora vedete come in uno specchio, allora vedrete il Signore faccia a faccia come Egli è!
Non lasciatevi trarre in inganno: la morte non è la fine ma l’inizio della vita! Mettetevi bene in mente questo: Dio è Dio dei vivi non dei morti.

MI CHIEDO
– Vivo per il cielo o per la terra?
– Desidero il paradiso?
– La morte è l’inizio della vita?

PROPONIMENTO:
1) Un solo desiderio: il paradiso!
2) Vivere per la vita e non per la morte!

La Madonna delle Grazie benedica questa giornata!

IL SANTO DEL GIORNO


Sant’ Elisabetta d’Ungheria
Regina, vedova, religiosa

Elisabetta, figlia di Andrea II il Gerosolimitano, re d’Ungheria, Galizia e Lodomira, e della sua prima moglie Gertrude di Merania, nasce a Sárospatak nel 1207.
Nel 1211, a soli quattro anni di età è già fidanzata; i suoi genitori l’hanno promessa in sposa a Ludovico IV, figlio ed erede del sovrano di Turingia (all’epoca, questa regione tedesca è una signoria indipendente, il cui sovrano ha il titolo di Landgraf, langravio), Ermanno I, per suggellare l’alleanza delle due dinastie nella lotta contro l’imperatore Ottone IV.
Subito viene condotta nel regno del futuro marito, per vivere e crescere lì, tra la città di Marburgo e Wartburg il castello presso Eisenach, dove venne educata dalla futura suocera, Sofia di Baviera. Nel 1217 muore il langravio di Turingia, Ermanno I. Gli succede il figlio, Ludovico IV, che nel 1221 sposa solennemente la quattordicenne Elisabetta. Ora i sovrani sono loro due: lei viene chiamata “Elisabetta di Turingia”.
Nel 1222 nasce il loro primo figlio, Ermanno. Seguono due bambine: nel 1224 Sofia (poi moglie di Enrico II di Brabante) e, il 29 settembre 1227, Gertrude, che divenne badessa di Altenberg; quest’ultima viene al mondo già orfana di padre: l’11 settembre del 1227 Ludovico IV morì ad Otranto, mentre aspettava per imbarcarsi con Federico II alla volta della Terra Santa, dove doveva partecipare alla sesta crociata.
Vedova a vent’anni con tre figli, Elisabetta riceve indietro la dote, e c’è chi fa progetti per lei: può risposarsi, a quell’età, oppure entrare in un monastero come altre regine, per viverci da regina, o anche da penitente in preghiera.
Si pose sotto la direzione spirituale del teologo Corrado di Marburgo: entrò nel Terzo Ordine Regolare di S. Francesco e ritiratasi nell’ospedale, che aveva fatto erigere nel 1228 a Marburgo con i soldi della sua dote, si dedicò alla cura dei malati, visitandoli due volte al giorno, fino alla sua morte.
Dopo la sua morte, il confessore rivelerà che, ancora vivente il marito, lei si dedicava ai malati, anche a quelli ripugnanti: “Nutrì alcuni, ad altri procurò un letto, altri li portò sulle proprie spalle, prodigandosi sempre, senza mettersi tuttavia in contrasto con suo marito”.
Collocava la sua dedizione in una cornice di normalità che includeva anche piccoli gesti “esteriori”, ispirati non a semplice benevolenza, ma al rispetto vero per gli “inferiori”: come il farsi dare del tu dalle donne di servizio. Ed era poi attenta a non eccedere con le penitenze personali, che potessero indebolirla e renderla meno pronta all’aiuto. Vive da povera e da povera si ammala, rinunciando pure al ritorno in Ungheria, come vorrebbero i suoi genitori, re e regina.
Muore a Marburgo, a 24 anni, il 17 novembre 1231 ed è subito “gridata santa” da molte voci che inducono papa Gregorio IX (Ugolino dei Conti di Segni, 1227-1241) a ordinare l’inchiesta sui prodigi che le si attribuiscono. Questo lavoro fu reso difficile da complicazioni anche tragiche: muore assassinato il confessore di lei e l’arcivescovo di Magonza cerca di sabotare le indagini ma Roma le fa riprendere.
Venne proclamata santa a Perugia da Papa Gregorio IX il 27 maggio 1235 (festa della Pentecoste): la memoria liturgica della santa, originariamente fissata al 19 novembre, fu spostata, nel 1969, al 17 novembre, suo “dies natalis”.
In Ungheria, però, la sua festa continua ad essere celebrata il 19 novembre.
È patrona dei panettieri e degli ospedalieri (secondo la tradizione, avrebbe trasformato in rose i pani che aveva nascosto per i poveri e gli ammalati) ed è, con S. Luigi dei Francesi, patrona principale del Terzo Ordine Regolare di S. Francesco.
I suoi resti, trafugati da Marburgo, durante i conflitti al tempo della Riforma protestante, sono ora custoditi in parte a Vienna.

IN ASCOLTO DELLA PAROLA


Giovedì della XXXIII settimana delle ferie del Tempo Ordinario

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 19,41-44.
In quel tempo Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città, pianse su di essa, dicendo: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi. Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte; abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata».

ALLA SCUOLA DI MARIA
Figli miei, sapete scrutare la terra e il cielo ma non sapete vedere la presenza di Dio nelle strade del mondo. Sapete riconoscere quando la primavera vi fa visita, ma non sapete riconoscere questo tempo nel quale Cristo vi ha visitato!
Non comprendere la via della pace, e la pace è ormai nascosta ai vostri occhi perché siete immersi nelle tenebre del peccato.
Perché piangete se ci sono guerre e rivoluzioni, pestilenze e sconvolgimenti nel cielo?
Perché piangete se non rimane nulla di quanto avevate sperato?

MI CHIEDO
– In chi o cosa ho posto la mia speranza?
– Mi ricordo che tutto prima o dopo finirà?
– Scruto la presenza di Dio nella mia storia?

PROPONIMENTO:
1) Saper leggere i tempi con gli occhi di Dio!
2) Saper riconoscere i segni dei tempi!

La Madonna delle Grazie benedica questa giornata!

IL SANTO DEL GIORNO


San Leone I (detto Magno)
Papa e Dottore della Chiesa

Il pontificato di Papa Leone I, come quello di S. Gregorio I, fu il più significativo ed importante dell’antichità cristiana. In un periodo in cui la Chiesa stava sperimentando i più grandi ostacoli al suo progresso in conseguenza della rapida disintegrazione dell’Impero d’occidente mentre l’oriente era profondamente agitato da controversie dogmatiche, questo Pp guidò il destino della Chiesa romana.
Secondo il Liber Pontificalis Leone nacque in Toscana in una data ignota e suo padre si chiamava Quintianus. Le prime evidenze storiche certe su Leone parlavano di lui come diacono della Chiesa romana sotto Pp Celestino I (422-432). In questo periodo, comunque, era già noto al di fuori di Roma. Durante il pontificato di Pp Sisto III (432-440), Leone fu inviato in Gallia dall’imperatore Valentiniano III per ricomporre una disputa e far riconciliare Flavio Ezio, il comandante militare della provincia, ed il prefetto del pretorio, Albino. Questo incarico è una prova della grande fiducia riposta, nell’intelligente e capace diacono, dalla corte imperiale. Mentre Leone si trovava ancora in Gallia apprese che Sisto III era morto, il 19 agosto 440, e che era stato già eletto lui, Leone, scelto unanimemente dal popolo. Al suo ritorno a Roma, Leone fu consacrato: era il 29 settembre.
L’Impero è in agonia e la giovane Chiesa è travagliata da scontri dottrinali e discordie. Con l’energia e la persuasione, Leone I rafforza in Occidente l’autorità della Sede di Pietro e affronta duri contrasti in dottrina. L’abate orientale Eutiche, influente a Costantinopoli, sostiene che in Cristo esiste una sola natura (monofisismo), contro la dottrina della Chiesa sulle due nature, distinte ma non separate, nella stessa persona.
Leone I ottiene che l’imperatore Teodosio convochi nel 449 un concilio ad Efeso (Asia Minore). Ma qui parlano solo gli “eutichiani”, senza ascoltare i legati del Papa. Negando validità a questo concilio, Leone I persuade il nuovo imperatore Marciano a indirne un altro nel 451: è il grande concilio di Calcedonia (presso Bisanzio), quarto ecumenico, che approva solennemente la dottrina delle due nature.
Intanto l’Occidente vive tempi di terrore. L’Impero non ha più un vero esercito e gli Unni di Attila, già battuti da Ezio nel 451, si riorganizzano in fretta e piombano sull’Alta Italia nel 452. Lo Stato impotente chiede al Papa di andare da Attila con una delegazione del Senato. S’incontrano presso Mantova dove Leone I convince il capo unno a lasciare l’Italia, anche col pagamento di un tributo (la leggenda parlerà poi di una visione celeste che terrorizzò Attila).
Tre anni dopo, i Vandali d’Africa sono davanti a Roma col re Genserico. A difendere gli inermi c’è solo Leone che non può impedire il saccheggio ma ottiene l’incolumità dei cittadini ed evita l’incendio dell’Urbe. Egli sente fortemente la responsabilità di successore di Pietro: arricchisce la Chiesa col suo insegnamento; chiede obbedienza ai vescovi, ma li sostiene col consiglio personale, li orienta in dottrina, nello splendido latino dei suoi scritti, per “tenere con costanza la giustizia” e “offrire amorosamente la clemenza”, poiché “senza Cristo non possiamo nulla, ma con Lui possiamo tutto”.
Fece costruire una basilica sulla tomba di Papa Cornelio sulla Via Appia; fece ricostruire il tetto della Basilica di S. Paolo fuori le mura, che era stato distrutto dal fulmine, e fece iniziare altre opere di miglioramento nella basilica stessa. Inoltre, persuase l’imperatrice Galla Placidia, come si evince dall’iscrizione, a far mettere in opera il grande mosaico dell’Arco di Trionfo che è sopravvissuto fino ai nostri giorni.
Papa Leone I non fu meno attivo nell’elevazione spirituale delle congregazioni romane, ed i suoi sermoni, dei quali si sono conservati ben 96, sono straordinari per la loro profondità, chiarezza di dizione ed elevatezza di stile.
I primi cinque manifestavano l’alta concezione della dignità del suo ufficio, così come la completa convinzione del primato del vescovo di Roma, dimostrata in maniera così chiara e decisiva dalla sua opera di pastore supremo.
Delle sue lettere, che sono di grande importanza per la storia della chiesa, se ne conservano 143, oltre ad altre 30 che gli furono inviate. Il cosiddetto Sacramentarium Leonianum è una raccolta di orazioni e prefazioni della messa, composto nella seconda metà del VI secolo.
Papa Leone I morì il 10 novembre 461 e fu sepolto nel vestibolo di S. Pietro in Vaticano. Nel 688, S. Sergio I fece traslare i suoi resti all’interno della basilica, e vi fece erigere sopra un altare. Essi, attualmente, si trovano in San Pietro, sotto l’altare della cappella della Madonna della Colonna, a lui dedicato, dove furono traslati nel 1715.
Nel 1754 Papa Benedetto XIV (Prospero Lorenzo Lambertini, 1740-1758) lo innalzò alla dignità di “Doctor Ecclesiae”.

IN ASCOLTO DELLA PAROLA


Giovedì della XXXII settimana delle ferie del Tempo Ordinario

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 17,20-25.
In quel tempo, interrogato dai farisei: «Quando verrà il regno di Dio?», Gesù rispose: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o: eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi!». Disse ancora ai discepoli: «Verrà un tempo in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell’uomo, ma non lo vedrete. Vi diranno: Eccolo là, o: eccolo qua; non andateci, non seguiteli. Perché come il lampo, guizzando, brilla da un capo all’altro del cielo, così sarà il Figlio dell’uomo nel suo giorno. Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga ripudiato da questa generazione».

ALLA SCUOLA DI MARIA
Figli miei, il regno di Dio è in mezzo a voi e voi dove lo cercate?
Dio è affianco a voi, cammina con voi, vi parla, ma voi non lo vedete e non lo ascoltate. Avete occhi e non vedete, avete orecchie e non udite. Dio è dentro di voi e voi lo cercate fuori di voi. Dio è con voi, ma voi non siete con Dio!
Figli miei, Dio non viene attirando l’attenzione, ma nel silenzio, viene in un leggero soffio, appena percettibile, di vento.
Se credete che non vi risponda, fate silenzio e vi accorgerete che sta parlando al vostro cuore. Se vi sorge il dubbio che vi abbia abbandonato, guardate bene e vi accorgerete che vi sta portando in braccio.
Se non lo udite è perché non dice ciò che voi vorreste sentirvi dire.

MI CHIEDO
– Dubito che Dio mi ami?
– Dubito che Dio mi sia vicino?
– Dubito che Dio ascolti le mei preghiere?

PROPONIMENTO:
1) Riscoprire il valore del silenzio!
2) Avere gli occhi e le orecchie della fede!

La Madonna delle Grazie benedica questa giornata!

IL SANTO DEL GIORNO


Sant’ Ursino (Orsino) di Bourges
Vescovo

Sant’Ursino è celebrato a Bourges in Francia, di cui è patrono, il 29 dicembre e il 9 novembre; mentre il Martirologio Romano celebra il primo vescovo di quella città, il 9 novembre (forse il giorno dell’elevazione delle reliquie).
Sulla figura del santo vescovo della Gallia, sono state scritte nel tempo varie ‘Vite’, che come al solito sono in buona parte leggendarie, favolose e dense di errori cronologici.
Il grande vescovo e storico Gregorio di Tours (538-594), nella sua “Historia Francorum”, lo descrive mandato nella Gallia con i sette primi vescovi.
Nell’altra sua opera “De Gloria confessorum”, Gregorio di Tours dice che Ursino è uno dei 72 discepoli degli Apostoli, precisando che era presente all’Ultima Cena, con funzione di lettore di tavola.
Quest’ultima versione è molto popolare nella regione del Berry, la cui tradizione aggiunge che Ursino era presente alla Passione, seguì gli Apostoli fino alla Pentecoste, ricevendo anche lui lo Spirito Santo. In seguito avrebbe accompagnato Santo Stefano, raccogliendone il sangue quando subì il martirio. Sarebbe stato Papa Clemente (88-97) ad inviarlo nelle Gallie.
In realtà tutta questa versione è fantasiosa, soprattutto per il periodo storico; perché facendo seguito alla versione della “Historia Francorum”, Ursino giunto nel Berry, dopo aver predicato, convertito e battezzato buona parte della popolazione, specie i più poveri, volle costruire la prima chiesa della regione a Bourges; la costruì nella proprietà di un ricco pagano convertito, il senatore San Leocadio († inizi del IV secolo), membro della famiglia di San Vettio Epagato, martirizzato a Lione nel 177.
Dopo consacrata la chiesa, Ursino vi depose la reliquia del sangue di Santo Stefano Protomartire; e dopo aver governato la Chiesa di Bourges per 27 anni, Ursino morì in un anno imprecisato della seconda metà del III secolo.
Questi pochi dati cronologici, come la morte di San Leocadio, il martirio di San Vettio, l’istituzione della Chiesa di Bourges intorno al 250, indicano credibilmente che San Ursino sia vissuto nel III secolo, mentre gli altri racconti, fra l’altro passati nella tradizione popolare, lo pongono erroneamente nel I secolo, nel periodo apostolico.
San Gregorio di Tours narra il ritrovamento miracoloso del sarcofago del santo, sotto una vigna in un antico cimitero, al tempo dell’episcopato di Probiano, in un arco di tempo dal 558 al 573. Le reliquie furono portate nella Basilica di San Sinforiano, che prese in seguito il nome di San Ursino.
Nel 1055, Ugo Vescovo di Lisieux, chiese ed ottenne alcune reliquie di San Ursino, le quali furono oggetto di ricognizioni canoniche nel 1399 e nel XVII e XVIII secolo; altre reliquie si conservano a Chaussée-Saint-Victor, fin dal 1379.
Il culto per il santo Vescovo, oltre che a Bourges è diffuso in Normandia, nelle diocesi di Lisieux, di Bayeux, di Rouen, di Blois, in varie date, più volte spostate.
La cattedrale di Bourges è la più grande testimonianza del profondo culto che lega la città al suo santo protovescovo Ursino. Le opere d’arte e di culto lì esistenti, sono tutto un inno alla devozione per il santo patrono.
A lui sono dedicate, una delle più celebri vetrate del XIII secolo e le sculture della Porta di San Ursino del XV secolo, che narrano gli episodi culminanti del santo evangelizzatore del Berry.
In altre opere d’arte custodite nel Museo di Bourges e nella chiesa di Lisieux (razzi e trittico), sono riprodotte scene della leggenda di Ursino, testimone all’Ultima Cena di Gesù con gli Apostoli.

IN ASCOLTO DELLA PAROLA


Dedicazione della Basilica Lateranense

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 2,13-22.
Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco. Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato». I discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divora. Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

ALLA SCUOLA DI MARIA
Figli miei, guardatevi dal trasformare il tempio di Dio in un mercato, a fare del Vangelo una fonte di profitto. Non fate della grazia di Dio una merce di guadagno, una occasione per realizzare le vostre ambizioni mondane.
Come potete pretendere di mettere insieme Dio e mammona? O amerete uno e odierete l’altro!
Figli miei, state attenti a non utilizzare Dio per i vostri interessi o per il vostro tornaconto. Se non lo amate lo svenderete per pochi denari! Se fate di Dio una merce è perché non l’amate.

MI CHIEDO
– Faccio di Dio una merce?
– Mi servo o servo Dio?
– Dio o il denaro?

PROPONIMENTO:
1) Servire Dio e non servirmene!
2) Basta la grazia di Dio!

La Madonna delle Grazie benedica questa giornata!